REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. CATENA Rossella – Consigliere –

Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BRESCIA;

nel procedimento a carico di:

D.G., nato il (OMISSIS);

nel procedimento a carico di quest’ultimo:

avverso l’ordinanza del 06/06/2017 del TRIB. LIBERIA’ di BRESCIA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANDREA FIDANZIA;

lette/sentite le conclusioni del PG Dr. LOY MARIA FRANCESCA che conclude per l’annullamento con rinvio.

Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 6 giugno 2017 il Tribunale del Riesame di Brescia ha annullato l’ordinanza del G.I.P. presso lo stesso Tribunale del 28.10.2016 con la quale era stata applicata a D.G. la misura cautelare in carcere in quanto accusato, a norma dell’art. 414 c.p., comma 4, di aver pubblicamente, mediante la diffusione sulla rete internet, fatto apologia dello Stato Isalmico, associazione con finalità di terrorismo internazionale.

Il Tribunale del Riesame di Brescia era stato chiamato ad esaminare nuovamente la posizione del predetto indagato dopo che questa Corte, con sentenza n. 24103/2017, aveva annullato la prima ordinanza del Tribunale di Brescia del 15.11.2016 con cui era stata per la prima volta annullata la predetta ordinanza del G.I.P. di Brescia del 28.10.2016.

Lamenta il Procuratore ricorrente che l’ordinanza impugnata ha violato il principio di diritto enunciato da questa Corte nella sentenza n. 24103/2017 nonchè ha travisato il fatto, con conseguente contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Ha premesso il Procuratore della Repubblica di Brescia che la rsezione di questa Corte, nella predetta sentenza di annullamento, aveva enunciato il principio che il richiamo costante ed esplicito al conflitto bellico in corso di svolgimento sul territorio sirio-iracheno, contenuto nelle registrazioni pubblicate e condivise sul profilo Facebook del D., rappresentava un idoneo e qualificato riferimento all’ISIS, protagonista non certo secondario di tale conflitto, con la conseguenza che il Tribunale del Riesame di Brescia non aveva tenuto conto delle conseguenze apologetiche che i riferimenti espliciti ed impliciti al conflitto sirio-iracheno erano in grado di provocare rispetto ai frequentatori dei social network.

Il riferimento ad una delle parti in guerra, in particolare all’ISIS, presupponeva, il richiamo alla Jihad islamica, la quale costituisce la fonte di ispirazione delle azioni militari dello Stato islamico sul territorio sirio-iracheno e, su scala internazionale, il collante del terrorismo islamico.

La I sezione di questa Corte aveva precisato, a titolo esemplificativo, che l’inneggiare al martirio contenuto nella videoregistrazione del 17 agosto 2015 non costituiva una condotta caratterizzata da una matrice esclusivamente ideologica e religiosa dei messaggi ad essi sottesi, come ritenuto dalla prima ordinanza annullata del Tribunale di Brescia.

Ciò premesso, l’ordinanza impugnata aveva disatteso il principio di diritto espresso dal Giudice di legittimità svolgendo un percorso argomentativo sulle medesime premesse valutative incongrue e contrastanti con il quadro indiziario in atti, già censurate.

L’ordinanza impugnata, in contrasto con quanto affermato da questa Corte, pur riconoscendo che il termine Jihad evoca la guerra santa, ha ritenuto che nelle videoregistrazioni di cui al presente procedimento non vi siano sufficienti elementi per ricondurre univocamente i richiami alla guerra santa, in esse contenuti, all’ISIS, sul rilievo che lo Stato islamico era solo una delle parti belligeranti del conflitto sirio-iracheno e non era stata dimostrata la volontà del D. di riferirsi proprio all’ISIS e non ad altri combattenti.

Tale argomentazione si appalesa quantomeno contraddittoria ed incongrua rispetto al materiale probatorio acquisito ed in contrasto con le conclusioni cui era giunto lo stesso giudice di merito allorquando, da un lato, aveva circoscritto alla sola (breve) durata del video la portata offensiva della condotta apologetica, e, dall’altro, ne avevano minimizzato la rilevanza penale ridimensionando l’importanza della opzione like apposta dal D. ai video postati in rete.

Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.

Va preliminarmente osservato che nella sentenza n. 24103/2017 con cui è stata annullata la prima ordinanza del Tribunale del Riesame di Brescia, la 1^ sezione di questa Corte ha, in primo luogo, affermato (a pag. 8 primo cpv) il principio di diritto secondo cui le consorterie di ispirazione jihadista operanti su scala internazionale hanno natura di organizzazione terroristiche rilevanti ex art. 270 bis c.p..

Tale enunciato è coerente con quanto già affermato da questa Corte nella sentenza n. 31389 del 11/6/2008, Rv. 241174, nella quale era stato evidenziato come l’ideologia della Jihad secondo la logica della contrapposizione fedele/infedele, verità/menzogna, giustizia/ingiustizia, legittimi l’impiego dei cc.dd. kamikaze, persone disposte a sacrificare la propria vita e quella degli altri per “la causa”, ponendo in atto condotte che, ad un tempo, sono atti di violenza in incertam personam e forme di comunicazione e di “ammonimento” verso i superstiti.

La sentenza n. 24103/17 ha quindi condiviso il percorso logico-argomentativo auspicato dal Procuratore ricorrente e già sviluppato dal G.U.P. presso il Tribunale di Brescia nell’ordinanza applicativa della misura cautelare, il quale, nell’esaminare le singole videoregistrazioni diffuse dal D. su facebook, aveva ritenuto la natura apologetica e propagandistica dello Stato islamico:

1) del video del (OMISSIS), nel quale un combattente predica l’unione dei fratelli per aiutare la Siria, pregando perchè Allah lo accetti come martire;

2) del video del (OMISSIS), nel quale è ritratto un combattente armato con la divisa del mujahideen e sono evocati i massacri in Siria, inneggiandosi ai mujahideen caduti per proteggere i musulmani nella guerra contro i nemici di Allah;

3) del video del (OMISSIS) in cui si inneggia ai mujahideen che uccidono e sono uccisi per Allah.

La 1^ sezione di questa Corte aveva ritenuto l’incongruità logica insita nel ragionamento di escludere l’associazione, ritenuta invece dal G.I.P. di Brescia, tra ISIS e la Jihad combattuta in Siria, osservando come il richiamo alla Jihad islamica ispiri le azioni belliche condotte dall’ISIS in Siria, e costituisca su scala internazionale il collante del terrorismo islamico.

A fronte delle ritenute incongruità motivazionali, la I sezione di questa Corte, nell’annullare la prima ordinanza del Tribunale del Riesame di Brescia, ha rinviato allo stesso Tribunale affinchè fosse condotto un nuovo esame degli elementi probatori acquisiti nei confronti del D., e in particolare, delle videoregistrazioni postate nei giorni 29/01/2015, 17/08/2015, del 20/09/2015, 14/11/2015 e del 25/11/2015.

Ciò premesso, la seconda ordinanza del Tribunale del Riesame di Brescia, oggetto della odierna impugnazione, ha annullato nuovamente l’ordinanza del G.I.P. di Brescia, applicativa della misura cautelare nei confronti del D..

E’ stato, in particolare, osservato che il mero richiamo alla jihad non è rilevante ai fini apologetici per lo spettro di gruppi religiosi che all’interno della religione islamica evocano il martirio religioso, senza, peraltro, necessariamente concretizzare le predette aspirazioni.

Inoltre, ad avviso dell’ordinanza impugnata, dall’esame dei video non emergono elementi inequivoci che il D. volesse riferirsi proprio all’associazione terroristica denominata Isis, atteso che una tale organizzazione rappresenta solo uno dei soggetti partecipanti al conflitto siriano.

Non vi è dubbio che con tali affermazioni l’ordinanza impugnata si sia posta in contrasto il principio, come sopra riportato, espresso dalla citata sentenza n. 24103/17 e sia comunque caduta nel medesimo vizio logico – o quantomeno in un’evidente carenza motivazionale – che aveva determinato l’annullamento della prima ordinanza del Tribunale del Riesame di Brescia.

L’ordinanza in oggetto ha, infatti, negato la connotazione terroristica della c.d. guerra santa nonchè apoditticamente affermato che il richiamo al martirio religioso non consentirebbe, data la pluralità dei gruppi religiosi che evocano Ilihad, di ricondurre univocamente i video in questione all’ISIS, obliterando quindi quanto osservato dalla I sezione di questa Corte, non avendo avuto nemmeno cura di indicare quali sarebbero allora le altre organizzazioni jiahdiste che, come l’ISIS, opererebbero parimenti nel conflitto siriano, evocando il martirio religioso nei confronti degli infedeli.

L’ordinanza impugnata, peraltro, ha frainteso il contenuto della sentenza di annullamento di questa Corte con riguardo ai video del 14/11/2015 e del 25/11/2015.

Sul punto, ritiene il Tribunale del Riesame che la 1 sezione di questa Corte non avrebbe censurato le argomentazioni svolte nell’ordinanza annullata in ordine alla mancanza del rischio effettivo di consumazione di ulteriori reati derivante dall’attività di propaganda dell’Isis, presente incontestabilmente nei predetti video.

Tale affermazione è priva di pregio.

Non vi è dubbio che la sentenza di annullamento, prendendo in esame esclusivamente i video del 29/01/2015, 17/08/2015, del 20/09/2015, non ha certo voluto affermare la inconfigurabilità del delitto di cui all’art. 414 c.p. per i restanti video – neppure esaminati – e ciò perchè quanto osservato da questa Corte per i primi video ha avuto una valenza assorbente per gli altri.

Diversamente argomentando, la sentenza di annullamento di questa Corte, nel disporre che il giudice del rinvio effettuasse un nuovo esame degli elementi probatori acquisiti nei confronti del D., non avrebbe espressamente indicato, come invece ha fatto, anche le videoregistrazioni del (OMISSIS).

Orbene, in ordine a questi due video, è pacifico che il D. abbia inneggiato apertamente allo Stato islamico ed alle sue gesta ed i suoi simboli e, al fine di valutare il rischio effettivo della consumazione di altri reati derivanti dall’attività di propaganda, i giudici del Riesame, nonostante avessero espressamente citato quell’orientamento giurisprudenziale (Sez 1.12.2015, Halili) che impone di considerare il comportamento dell’agente per la condizione personale dell’autore e le circostanze di fatto in cui si esplica, non hanno tenuto conto dei contatti dagli stessi evidenziati (pag. 10 prima ordinanza annullata e pag. 3 ordinanza impugnata) del D. con altri soggetti già indagati per terrorismo islamico, affermando contraddittoriamente che lo stesso fosse estraneo a frequentazioni di gruppi religiosi più estremisti, o valorizzando la circostanza che fosse estraneo a frequentazioni religiose.

Inoltre, per escludere la configurabilità del delitto di cui all’art. 414 c.p., l’ordinanza impugnata ha ridimensionato la portata apologetica dei due video sul rilievo dell’asserita breve durata – ben undici giorni – della condivisione degli stessi sul profilo facebook del D. o in relazione alla circostanza che uno dei due sarebbe stato diffuso con la sola opzione “mi piace”, elementi che invece non sono certo idonei a ridurre la portata offensiva della sua condotta, attesa la comunque immodificata funzione propalatrice svolta in tale contesto dal social network facebook.

Deve quindi annullarsi l’ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Brescia in diversa composizione nonchè ordinarsi la restituzione integrale degli atti.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Brescia in diversa composizione. Ordina la restituzione integrale degli atti.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2017.