La demolizione nell’abuso edilizio NON estingue SEMPRE il reato

La demolizione nell’abuso edilizio NON estingue SEMPRE il reato

Beni Ambientali.Spontanea rimessione in pristino

 DettagliCategoria principale: Beni AmbientaliCategoria: Cassazione PenalePubblicato: 19 Ottobre 2020Visite: 748

Cass. Sez. III n.26325 del 21 settembre 2020 (UP 3 lug 2020)
Pres.Andreazza Est. Semeraro Ric. Stallone
Beni Ambientali.Spontanea rimessione in pristino

La speciale causa estintiva, prevista dall’art. 181 comma 1-quinquies d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 opera a condizione che l’autore dell’abuso si attivi spontaneamente alla rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, anticipando l’emissione del provvedimento amministrativo ripristinatorio. L’applicabilità di tale causa estintiva è subordinata al fatto che la rimessione in pristino da parte dell’autore dell’abuso sia spontanea e non eseguita su impulso dell’autorità amministrativa.  L’estinzione si ha, pertanto, solo quando non sia stata ancora disposta d’ufficio dalla P.A.; è necessario cioè che l’autore dell’abuso si attivi spontaneamente alla rimessione in pristino e, quindi, prima che la P.A. la disponga, perché l’effetto premiale può realizzarsi solo in presenza di una condotta che anticipi l’emissione del provvedimento amministrativo ripristinatorio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza del 26 giugno 2019 la Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna inflitta a Gaetano Stallone ed Agata Indelicato dal Tribunale di Marsala alla pena di un mese di arresto ed € 57.000 di ammenda per i reati di cui agli artt. 95 d.P.R. 380/2001 (capo B), 181 comma 1-bis d.lgs. 42/2004 (capo C), 734 cod. pen. (capo D) per la costruzione di una sopraelevazione di 59 mq. e di una tettoria, alle spalle della sopraelevazione, di circa mq. 18, in zona sismica, senza il necessario preavviso e senza la necessaria autorizzazione, in zona vincolata senza autorizzazione paesistica, in zona di notevole interesse pubblico alterando le bellezze naturali. In Campobello di Mazara fino al 18 gennaio 2016.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore degli imputati.
2.1. Con il primo motivo si deduce il vizio della motivazione; la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che i ricorrenti abbiano demolito le opere per le quali hanno ottenuto la concessione in sanatoria del 17 marzo 2017; con tale concessione sarebbero stati sanati gli abusi commessi dal precedente proprietario dell’immobile e parte degli illeciti commessi dai ricorrenti, tra cui una scala in cemento armato. La corte territoriale avrebbe ritenuto erroneamente che i motivi di appello siano contraddittori. Vi sarebbe una evidente illogicità o contraddittorietà della motivazione della sentenza.
2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio della motivazione con riferimento al capo c), ex art. 181 comma 1-bis d.lgs. 42/2004. Sarebbe stata omessa la risposta al primo motivo di appello su tale capo.
2.3. Con il terzo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e della motivazione in relazione al reato ex art. 734 cod. pen. 
La Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che la concessione in sanatoria non abbia estinto il reato ex art. 734 cod. pen., in contrasto con quanto previsto dall’art. 39 comma 7 della legge 724/1994.
Mancherebbe poi la motivazione con riferimento al quarto motivo di appello relativo alla mancanza di motivazione della sentenza di primo grado sulla sussistenza di una permanente menomazione della bellezza del luogo e sulla concreta idoneità della condotta di deturpamento.
2.4. Con il quarto motivo si deduce la violazione dell’art. 181 comma 1- quinquies d.lgs. 42/2004. La Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che, per aversi l’estinzione del reato, la demolizione avrebbe dovuto precedere la sentenza di condanna e l’emissione del provvedimento di demolizione da parte dell’autorità amministrativa. Invece, l’art. 181 comma 1-quinquies consentirebbe l’effetto estintivo, in caso di demolizione prima della sentenza di condanna, anche nel caso di demolizione successiva all’ingiunzione amministrativa.
La demolizione sarebbe avvenuta prima della citazione a giudizio e ciò emergerebbe dalla richiesta di dissequestro dell’immobile, presentata alla Procura della Repubblica di Marsala, per procedere alla demolizione delle opere.
2.5. Con il quinto motivo si deducono i vizi di violazione di legge e della motivazione sul rigetto della richiesta di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.; il rigetto sarebbe fondato sull’abitualità delle condotte.
I ricorrenti avrebbero invece dimostrato che le opere abusive realizzate al primo piano furono realizzate dal precedente proprietario (Antonino Bono) che il 30 giugno 1986 presentò l’istanza per la sanatoria.
Nessun procedimento per illeciti edilizi sarebbe sorto a carico degli imputati.
Inoltre, l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. deriverebbe dalla scarsa consistenza delle opere abusive con minima lesione dell’interesse protetto, anche a seguito della demolizione delle opere.
2.6. Con il sesto motivo si deduce il vizio della motivazione in relazione all’art. 95 d.P.R. 380/2001; la Corte di appello ha ritenuto che il reato ex art. 95 non possa essere dichiarato estinto poiché le opere abusive non sarebbero state sanate ma demolite. Invece, parte delle opere abusive sarebbero state sanate dal permesso di costruire n. 27 del 17 marzo 2017.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Nella sentenza non vi è alcuna contraddittorietà: la corte territoriale ha chiaramente distinto le opere oggetto della concessione in sanatoria del marzo del 2017 – che non riguardano quelle oggetto del capo di imputazione (come invece ritenuto erroneamente dal Tribunale di Marsala, in relazione al capo a, ma confermato dai ricorrenti) – e quelle demolite, oggetto dell’imputazione (cfr. pagina 5 punto 5). Né l’eventuale erronea qualificazione dei motivi di appello come contraddittori inciderebbe sulla ratio decidendi.

2. Manifestamente infondati sono il secondo ed il quarto motivo: la Corte di appello ha esplicitamente motivato sulla sussistenza del reato di cui al capo c), ex art. 181 comma 1-bis d.lgs. 42/2004, valutando non solo la realizzazione delle opere in zona vincolata, senza il preventivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ma anche l’irrilevanza della demolizione eseguita non spontaneamente dagli imputati.
2.1. La demolizione è stata effettuata a seguito dell’emissione dell’ingiunzione alla demolizione, il 22 febbraio 2016, da parte del comune di Campobello di Mazara.
Orbene, va rilevato che è contestato agli imputati il reato di cui all’art. 181 comma 1-bis d.lgs. 42/2004, poiché l’opera è stata realizzata in area sottoposta a vincolo di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori, per cui non opera la causa estintiva di cui al comma 1-quinquies.
2.2. Va ribadito il principio per cui la rimessione in pristino delle aree o degli immobili assoggettati a vincolo paesaggistico, spontaneamente eseguita dal trasgressore, per la sua natura eccezionale, estingue solo il reato previsto dal comma primo e non dal comma 1-bis, dell’art. 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Sez. 3, n. 33542 del 19/06/2012, Cavaletto, Rv. 253139-01).
2.3. In ogni caso, anche ove si volesse ritenere che la condanna sia avvenuta per il comma 1 dell’art. 181 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, la decisione della Corte di appello è corretta.
Infatti, la speciale causa estintiva, prevista dall’art. 181 comma 1-quinquies d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 – «La rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici da parte del trasgressore, prima che venga disposta d’ufficio dall’autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1» – opera a condizione che l’autore dell’abuso si attivi spontaneamente alla rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, anticipando l’emissione del provvedimento amministrativo ripristinatorio: cfr. in tal senso Sez. 3, n. 37822 del 12/06/2013, Battistelli, Rv. 25651801.
Come osservato dalla sentenza Battistelli, l’applicabilità della speciale causa estintiva di cui all’art. 181 comma 1-quinquies è subordinata al fatto che la rimessione in pristino da parte dell’autore dell’abuso sia spontanea e non eseguita su impulso dell’autorità amministrativa. 
L’estinzione si ha, pertanto, solo quando non sia stata ancora disposta d’ufficio dalla P.A.; è necessario cioè che l’autore dell’abuso si attivi spontaneamente alla rimessione in pristino e, quindi, prima che la P.A. la disponga, perché l’effetto premiale può realizzarsi solo in presenza di una condotta che anticipi l’emissione del provvedimento amministrativo ripristinatorio. 
Se si fosse voluto far riferimento solo alla sentenza di condanna non avrebbe avuto alcun senso richiamare il provvedimento disposto d’ufficio dalla P.A.; il legislatore ha voluto porre l’accento sul carattere (necessariamente) spontaneo della rimessione in pristino per farne derivare l’effetto estintivo del reato.

3. Manifestamente infondato è il terzo motivo relativo al reato ex art. 734 cod. pen.: come chiaramente rilevato dalla Corte di appello, la concessione in sanatoria non si riferisce alle opere oggetto dell’imputazione sicché gli effetti non sono minimamente invocabili nel processo.
Contrariamente a quanto si afferma nel ricorso, vi è poi una esplicita motivazione da parte della Corte di appello sulla sussistenza del reato ex art. 734 cod. pen. per le dimensioni dell’opera, realizzata in sopraelevazione di altra abusiva, e non ancora condonata al momento della costruzione, in zona sottoposta a vincolo ambientale, a 500 metri dal mare.

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Confisca diretta del denaro sul conto corrente e prova della sua derivazione da un titolo lecito: depositata la sentenza delle Sezioni Unite (42415/2021)

Confisca diretta del denaro sul conto corrente e prova della sua derivazione da un titolo lecito: depositata la sentenza delle Sezioni Unite (42415/2021)

Confisca conto corrente Sezioni Unite di Cassazione

Cassazione Penale, Sezioni Unite, 18 novembre 2021 (ud. 27 maggio 2021), n. 42415
Presidente Cassano, Relatore Mogini

Con ordinanza n. 7021/2021 era stata rimessa alle Sezioni unite la seguente questione di diritto: «se il sequestro delle somme di denaro giacenti su conto corrente bancario debba sempre qualificarsi finalizzato alla confisca diretta del prezzo del profitto derivante dal reato anche nel caso in cui la parte interessata fornisca la prova della derivazione del denaro da un titolo lecito».

Con sentenza numero 42415, depositata il 18 novembre 2011, le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio di diritto: «qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca viene eseguita, in ragione della natura del bene, mediante l‘ablazione del denarocomunque rinvenuto nel patrimonio del soggetto, che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario da quest’ultimo conseguito per effetto del reato; tale confisca deve essere qualificata come confisca diretta, e non per equivalente, e non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita del numerario oggetto di ablazione».

La questione rimessa all’esame delle Sezioni Unite è la seguente: “se il sequestro delle somme di denaro giacenti su conto corrente bancario debba sempre qualificarsi come finalizzato alla confisca diretta del prezzo o profitto derivante dal reato anche nel caso in cui la parte interessata fornisca la “prova” della derivazione del denaro da titolo lecito”.

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