**Reato di Minaccia a Corpo Politico: Inquadramento Giuridico e Rilevanza Penale**

Il reato di **minaccia a corpo politico, amministrativo o giudiziario** rappresenta una delle forme più gravi di minaccia previste dal Codice Penale italiano. Esso trova la sua collocazione all’interno dei reati contro la pubblica amministrazione, con lo scopo di tutelare non solo l’integrità fisica e morale degli organi dello Stato, ma anche il corretto funzionamento dell’apparato democratico.

### **Riferimenti Normativi**
La fattispecie di reato è disciplinata dall’articolo **338 del Codice Penale**, che punisce chiunque faccia uso di minacce nei confronti di corpi politici, amministrativi o giudiziari dello Stato o di altre pubbliche amministrazioni con l’intento di coartarne l’attività o impedirne il libero funzionamento. Il reato si estende anche a coloro che agiscono in modo tale da creare un clima di terrore o intimidazione con l’obiettivo di influenzare il processo decisionale o le funzioni di detti corpi.

### **Elementi Costitutivi del Reato**
Per configurare il reato di minaccia a corpo politico, è necessario il verificarsi di specifici **elementi oggettivi** e **soggettivi**:
– **Soggetti attivi e passivi:** Il reato può essere commesso da chiunque nei confronti di corpi politici (Parlamento, Consiglio dei Ministri), amministrativi (Regioni, Comuni) o giudiziari (magistratura).
– **Condotta minacciosa:** La minaccia deve essere tale da indurre un serio timore o intimidazione, finalizzata a coartare la libertà di azione del corpo minacciato.
– **Elemento soggettivo:** L’autore della minaccia deve avere la volontà (dolo specifico) di condizionare l’attività dell’organo preso di mira, impedendo o alterando il suo corretto funzionamento.

### **Pena Prevista**
L’articolo 338 c.p. prevede una pena severa per chi si macchia di questo reato: la **reclusione da uno a sette anni**. La gravità della pena è direttamente proporzionale alla rilevanza dell’ente minacciato, alla portata dell’atto intimidatorio e alle eventuali conseguenze derivanti da esso.

### **Differenza con Altri Reati di Minaccia**
È importante distinguere il reato di minaccia a corpo politico da altre fattispecie di minaccia, come la **minaccia semplice** (art. 612 c.p.) o quella **aggravata** (art. 339 c.p.). La differenza sostanziale risiede nel fatto che, nel caso del reato di minaccia a corpo politico, l’oggetto tutelato non è solo la persona fisica, ma l’intero assetto istituzionale. Il legislatore intende garantire la **libertà d’azione** e la **stabilità** degli organi pubblici, pilastri fondamentali della democrazia.

### **Applicazioni Pratiche e Giurisprudenza**
La giurisprudenza italiana ha affrontato numerosi casi di minaccia a corpo politico, spesso in contesti di **proteste politiche** o **scioperi**, dove si è cercato di influenzare le decisioni governative mediante atti intimidatori. Ad esempio, la Corte di Cassazione ha confermato in diverse sentenze la configurazione del reato anche in caso di **minacce indirette**, come il creare un clima di terrore o violenza che possa influenzare la libertà decisionale degli organi pubblici.

### **Conclusione**
Il reato di minaccia a corpo politico, amministrativo o giudiziario rappresenta un importante strumento per la tutela dell’**integrità istituzionale** e del **corretto funzionamento democratico** del nostro Paese. Attraverso l’articolo 338 del Codice Penale, il legislatore intende preservare la stabilità degli organi statali contro qualsiasi forma di intimidazione o violenza, assicurando che le decisioni politiche, amministrative e giudiziarie siano prese in totale libertà e senza condizionamenti esterni.

Continuazione tra pena italiana e straniera

L’ordinamento esprime il principio secondo il quale la pena che ha titolo nel medesimo provvedimento giurisdizionale non può essere eseguita due volte, neppure in diversi Stati.
L’avvenuta espiazione, in tutto o in parte, all’estero di pena avente titolo in una decisione dell’autorità giudiziaria italiana va computata ai fini della esecuzione della relativa condanna, a prescindere dalla legittimità o meno del provvedimento dell’autorità giudiziaria straniera che ha di- sposto l’esecuzione. Di conseguenza, nel caso in cui il condannato dedu- ca l’avvenuta espiazione all’estero della pena, il giudice dell’esecuzione è tenuto ad accertare, anche mediante richieste di informazioni all’autori- tà giudiziaria straniera, la storicità del dato dedotto dalla parte, senza poter sindacare la legittimità del provvedimento straniero che aveva di- sposto l’esecuzione

Corte di Cassazione
sez. I Penale, sentenza 30 marzo – 29 aprile 2021, n. 16462
Presidente Di Tomassi – Relatore Bianchi
Ritenuto in fatto

  1. Con istanza depositata in data 23.1.2020 S.L. , tramite il difensore di fiducia, aveva chiesto al Tribunale di Pavia l’annullamento dell’ordine di esecuzione emesso in data 8.1.2018 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pavia nella parte in cui aveva determinato la pena da espiare considerando anche la pena inflitta con sentenza n. 344 pro- nunciata in data 18.7.2012 dal Tribunale di Busto Arsizio (erroneamente, più volte, indicata in atti come sentenza pronunciata in data 26.10.2011), pena che, invece, era stata già scontata.
    La parte esponeva:
  • che con l’indicata sentenza, divenuta irrevocabile in data 7.10.2015, era stato condannato alla pena di anni due, mesi due e giorni 20 di reclusio- ne e di mesi uno di arresto, e di aver sofferto, per questo titolo, custodia cautelare dal 5.3.2012 al 14.9.2012 (mesi sei e giorni undici);
  • di essere stato tratto in arresto in data 28.11.2014 a seguito dell’emissio- ne di ordine di esecuzione in data 27.5.2013 relativo all’espiazione della pena di anni uno e mesi quattro di reclusione inflitta con sentenze pro- nunciate, in data 25.3.2009 e 15.4.2009, dal Tribunale di Milano;
  • che erano stati emessi nuovi ordini di esecuzione in relazione alla so- pravvenienza di nuove condanne, e in particolare di quelle pronunciate, in data 18.7.2012, dal Tribunale di Busto Arsizio – divenuta irrevocabile in data 7.10.2015 -, in data 13.2.2015 dalla Corte di appello di Milano – dive- nuta irrevocabile in data 2.11.2016 -, e in data 17.1.2017 dal Tribunale di Pavia divenuta irrevocabile in data 12.5.2017 -, e quindi era stato rideter- minato, di volta in volta, il cumulo delle pene da eseguire;
  • di essere stato, infine, rimesso in libertà per fine pena in data

23.10.2018.
Peraltro, l’istante, nel periodo tra il 23.10.2012 e il 24.6.2014, era stato de- tenuto in Romania.
In particolare, l’autorità giudiziaria rumena (Tribunale di Targu Jiu) ave- va provveduto a unificare nella continuazione diverse condanne pro- nunciate nei confronti dello S. , fra le quali anche la condanna pronun- ciata in data 18.7.2012 dal Tribunale di Busto Arsizio, e la relativa pena complessiva di anni tre di reclusione era stata espiata dallo S. in Roma- nia.
Di conseguenza, i successivi ordini di esecuzioni emessi dalla autorità giudiziaria italiana, di cui l’ultimo era stato quello emesso in data 8.1.2018 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pavia, nella parte in cui avevano posto in esecuzione la pena di anni uno, mesi otto e giorni nove di reclusione quale residuo di quella inflitta con sen- tenza 18.7.2012 del Tribunale di Busto Arsizio, erano illegittimi, essendo quella pena precedentemente espiata in Romania.
Infine, la parte deduceva di avere interesse all’annullamento richiesto al fine di ottenere indennizzo a titolo di riparazione per ingiusta detenzione.

  1. Con ordinanza depositata in data 25.9.2020 il Tribunale di Pavia, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto la istanza proposta da S.L. , osser- vando che il provvedimento del Tribunale di Targu Jiu, in data 6.9.2013, aveva unificato nella continuazione, rideterminando in melius la pena complessiva, diverse condanne tra le quali anche quella n. 344/2012 del Tribunale di Busto Arsizio, all’epoca non ancora divenuta irrevocabile.
    Il provvedimento rumeno, dunque, era illegittimo in quanto il riconosci- mento di sentenze straniere al fine dell’esecuzione nello Stato della rela- tiva condanna è consentito solo con riguardo a sentenze divenute irrevocabili.
    Di conseguenza, illegittima era stata anche la esecuzione penale sofferta dallo S. in Romania nella parte riferibile alla condanna italiana, all’epoca
  2. non ancora definitiva, mentre legittima era stata la successiva esecuzio- ne ordinata dall’autorità giudiziaria italiana.
  3. Infine, non aveva rilievo la documentazione, depositata dalla difesa, at- testante le richieste inviate, nell’anno 2016, dalla Procura della Repub- blica presso il Tribunale di Busto Arsizio all’autorità giudiziaria rumena per il riconoscimento, ai fini dell’esecuzione, di condanne italiane, fra le quali anche quella n. 344/2012 del Tribunale di Busto Arsizio.
  4. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di S.L. , chiedendo l’an- nullamento dell’ordinanza impugnata.
    Con l’unico motivo, riproposti i dati della vicenda processuale descritti nell’originaria istanza, viene denunciata la violazione dell’art. 733 c.p.p..
    Le considerazioni sulla illegittimità del provvedimento con il quale l’au- torità giudiziaria rumena aveva unificato nel vincolo della continuazio- ne diverse condanne, fra le quali anche quella del Tribunale di Busto Ar- sizio, non erano rilevanti, dato che quel provvedimento era divenuto de- finitivo ed era stato anche messo in esecuzione.
  5. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, evidenziando che la normativa non consentiva il riconoscimento della continuazione con reati giudicati da sentenza straniera e che il riconoscimento delle sentenze straniere ai fini dell’esecuzione presuppone la irrevocabilità della sentenza oggetto del riconoscimento.
    Considerato in diritto
    Il ricorso è fondato e va perciò pronunciato annullamento, con rinvio, dell’ordinanza impugnata.
    Il giudice dell’esecuzione, dato atto che effettivamente l’autorità giudi- ziaria rumena aveva, con provvedimento in data 6.9.2013 del Tribunale di Targu Jiu, riconosciuto la continuazione tra diversi reati giudicati con sentenze dell’autorità giudiziaria rumena e anche dalla sentenza n.
  6. 344/2012 del Tribunale di Busto Arsizio e quindi rideterminato la pena complessiva, ha rilevato che detto provvedimento era illegittimo, dato che la condanna italiana, all’epoca, non era ancora definitiva, e quindi illegittimo era il conseguente provvedimento esecutivo nella parte in cui aveva disposto l’esecuzione di pena avente titolo nella sentenza italiana non ancora irrevocabile.
  7. Nella presente vicenda processuale vengono in rilievo due provvedimen- ti giurisdizionali, l’uno pronunciato dal Tribunale di Busto Arsizio e l’al- tro dal Tribunale di Targu Jiu, autorità giudiziarie di due Stati dell’Unio- ne Europea, relativi, a quanto prospettato dalla parte istante, al medesi- mo fatto, sia pure sotto diversi profili, avendo la sentenza italiana pro- nunciato sulla responsabilità e quella rumena sulla continuazione con altri reati.
  8. L’ordinamento, nella materia, ha visto una significativa evoluzione, dalla impostazione originaria, espressa dall’art. 12 c.p., che limitava i casi in cui una sentenza straniera poteva essere riconosciuta nello Stato italia- no, alla possibilità, riconosciuta dalla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate firma a Strasburgo il 21 marzo 1983, che il cit- tadino di uno Stato aderente alla convenzione che sia stato condannato in uno Stato diverso possa eseguire la condanna nello Stato di origine (L. 3 luglio 1989, n. 257), sino alla disciplina del principio del reciproco rico- noscimento, nell’ambito dell’Unione Europea, delle sentenze penali ai fini della loro esecuzione, di cui alla decisione quadro 2008/909/GAI del 27.11.2008 attuata in Italia con D.Lgs. 7 settembre 2010, n. 161.
  9. Il codice di rito (art. 738 c.p.p.) prevede espressamente che nel caso di ri- conoscimento in Italia di sentenza straniera ai fini dell’esecuzione il provvedimento che determina la pena da eseguire deve tener conto della pena espiata nello Stato di condanna, e, d’altra parte, nel caso di richie- sta di esecuzione all’estero di condanna pronunciata nello Stato (art. 746 c.p.p.) “La pena non può più essere eseguita nello Stato, quando, secondo le leggi dello Stato richiesto, essa è stata interamente espiata”.
  10. In ambito comunitario vige la norma (D.Lgs. n. 161 del 2010, art. 16) che “La pena espiata nello Stato di emissione è computata ai fini dell’esecuzione”.
  11. Anche con riguardo alla custodia cautelare vige il principio del computo, ai fini della decorrenza dei relativi termini, del periodo di custodia sof- ferto all’estero in conseguenza di una domanda di estradizione (art. 722 c.p.p.) o in esecuzione di mandato di arresto Europeo (L. n. 69 del 2005, art. 33).
  12. Dunque, l’ordinamento esprime il principio secondo il quale la pena che ha titolo nel medesimo provvedimento giurisdizionale non può essere eseguita due volte, neppure in diversi Stati.
  13. L’ordinanza impugnata ha vagliato la legittimità del provvedimento del Tribunale di Targu Jiu, ritenendo che non lo fosse e che, di conseguenza, fosse stato legittimo il successivo provvedimento esecutivo della autori- tà giudiziaria italiana.
  14. Ora, nel caso in esame la prospettazione della parte è finalizzata unica- mente ad ottenere un accertamento dichiarativo della illegittimità, tota- le o parziale, dell’ordine di esecuzione emesso in data 8.1.2018 dal Procu- ratore della Repubblica presso il Tribunale di Pavia in quanto relativo al- l’esecuzione di una pena già espiata.
  15. Dunque, non ha rilievo la valutazione di legittimità del provvedimento giurisdizionale, nella specie quello della autorità giudiziaria rumena, che aveva, secondo la tesi del ricorrente, determinato la prima esecuzio- ne della pena, bensì unicamente il dato di fatto se l’esecuzione attivata dalla autorità giudiziaria italiana fosse relativa, anche solo in parte, a pena già espiata in Romania.
  16. Il principio del ne bis in idem con riguardo all’esecuzione penale consi- dera unicamente il dato storico dell’avvenuta esecuzione penale con ri- ferimento a un determinato titolo esecutivo, e non è condizionato dalla
  17. legittimità o meno del relativo provvedimento esecutivo.
  18. Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni, ha evidenziato, tra i profi- li di illegittimità del provvedimento della autorità giudiziaria rumena, il fatto che fosse stata riconosciuta la continuazione tra reati giudicati in Stati diversi, con conseguente rideterminazione in melius della pena in- flitta dalla sentenza straniera.
  19. Tale rilievo, che il collegio non considera decisivo in quanto comunque relativo ad un profilo di legittimità del provvedimento straniero che non può essere in questa sede sindacato, evidenzia la complessità della valu- tazione che dovrà essere compiuta al fine di comprendere quale porzio- ne di pena, della originaria condanna inflitta dal Tribunale di Busto Ar- sizio, il Tribunale di Targu Jiu aveva posto in esecuzione ed era stata, poi, effettivamente espiata in Romania.
  20. Va chiarito, infatti, che, comunque, il provvedimento straniero – nel caso di specie, di riconoscimento della continuazione – non è efficace nell’or- dinamento italiano e quindi non incide sul giudicato “italiano” rideter- minando la pena inflitta, ma va considerato al fine di accertare se e in quale misura il condannato ha espiato all’estero pena che ha titolo nella condanna italiana.
  21. Il collegio, dunque, ritiene che debba essere affermato il principio secon- do cui “L’avvenuta espiazione, in tutto o in parte, all’estero di pena avente titolo in una decisione dell’autorità giudiziaria italiana va computata ai fini della esecuzione della relativa condanna, a prescindere dalla legitti- mità o meno del provvedimento dell’autorità giudiziaria straniera che ha disposto l’esecuzione.
  22. Di conseguenza, nel caso in cui il condannato deduca l’avvenuta espiazio- ne all’estero della pena, il giudice dell’esecuzione è tenuto ad accertare, anche mediante richieste di informazioni all’autorità giudiziaria stranie- ra, la storicità del dato dedotto dalla parte, senza poter sindacare la legit- timità del provvedimento straniero che aveva disposto l’esecuzione”.
  23. Dunque, va pronunciato annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Pavia.
  24. In sede di rinvio, il giudice dell’esecuzione dovrà, applicando il principio di diritto affermato, accertare, per il tramite del Ministero della Giusti- zia, se, e in quale porzione, S.L. ha espiato in Romania la pena relativa alla condanna pronunciata in data 18.7.2012 dal Tribunale di Busto Arsi- zio, divenuta irrevocabile il 7.10.2015.
  25. P.Q.M.
  26. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Pavia.
  27. https://canestrinilex.com/risorse/pena-rideterminata-allestero-e-scontata-vincola-giudice-italiano-cass-1646221